L’Utricularia è una delle piante carnivore dall’aspetto più delicato, grazie ai suoi bellissimi fiori colorati che spuntano durante il periodo tardo primaverile (maggio-giugno). Non fatevi ingannare dall’apparenza, però: anche questo grazioso esemplare trae nutrimento dalle proteine animali, digerendo piccoli insetti.

Appartenente alla famiglia delle Lentibulariaceae, questo genere di pianta carnivora è il più vasto, comprendente ben quasi 215 specie. Tra queste ve ne sono sia di acquatiche che di terrestri, ma entrambe vivono in acque dolci o in sottosuoli ricchi di acqua. A causa di questa vastità, non è possibile definire in modo netto e preciso le condizioni ambientali e climatiche adatte alla coltivazione dell’Utricularia in generale. Vi sono, infatti, alcune che si sono adattate per sopravvivere anche durante i periodi più freddi dell’anno, mentre altre amano e necessitano di temperature tropicali. Così, ad esempio, le specie perenni temperate necessitano di un periodo di dormienza invernale, mentre quelle tropicali vegetano tutto l’anno; altre, invece, sono annuali e trascorrono le stagioni più fredde sotto forma di seme.

utricularia

Utricularia sandersonii

Di seguito, verranno fornite alcune linee di massima suddividendo queste piante carnivore per macro-specie.

Ambiente

Specie terrestri

L’Utricularia terrestre preferisce terreni poveri di minerali disciolti, composti prevalentemente da torba e/o sabbia (se si optasse per una coltivazione in vaso, il terreno dovrebbe essere così composto: torba acida di sfagno e sabbia di quarzo in proporzioni 1:1, aggiungendo, se possibile, un centimetro di perlite pura sul fondo. Attenzione, però, ai valori della torba, che devono essere i seguenti: un ph inferiore a 5, una materia organica che superi il 90% e una piccolissima quantità di azoto, inferiore all’1%; il terreno dovrebbe, poi, essere mantenuto costantemente umido).

Per quanto riguarda l’esposizione solare, necessita di ambienti molto luminosi, ma a diretto contatto coi raggi solari solamente se all’alba o al tramonto, quando questi sono meno potenti (se troppo forti, infatti, potrebbero danneggiare il suo fogliame).

Specie epifite

Queste specie, originarie delle zone tropicali, vivono sulle porzioni di corteccia in decadimento dei grandi alberi delle foreste pluviali, su muschi e su detriti. Per coltivarle, quindi, è necessario disporre di una serra o di un terrario,  dove si possa replicare le condizioni di umidità che necessitano.

Il terreno ideale per coltivarle è composto da un 50% di perlite e un 50% di sfagno (tuttavia, anche semplice torba e perlite garantiscono già buoni risultati); l’importante è che sia un composto altamente drenante, perché non si devono assolutamente creare ristagni nel sottovaso. Anche queste specie, inoltre, amano gli spazi luminosi, tuttavia un’eccessiva esposizione potrebbe causare l’ingiallimento delle foglie e una crescita rallentata.

Specie acquatiche

Le specie acquatiche vivono a mezz’acqua (o completamente sommerse) in bacini dove l’acqua è ferma, ma pulita, e il fondale è fangoso (senza, tuttavia, esservi in alcun modo ancorate); per coltivarle in casa è necessario dotarsi di apposite vasche per piante acquatiche, da riempire con qualche centimetro di torba sul fondo; volendo, è possibile adagiare sopra questo strato di torba uno o due centimetri di foglie secche o semidecomposte, che non siano di albero ma di piante palustri. Queste servono per abbassare il ph dell’acqua, riempiendola di anidride carbonica, ed evitare, così, la formazione di alghe.

In merito all’esposizione solare, questa non dev’essere eccessiva, in quanto luce e acqua calda favoriscono la proliferazione di alghe nell’acqua. Sono sufficienti, quindi, tre ore di esposizione al mattino, o alla sera.

Temperatura

Specie terrestri

Queste specie vivono generalmente bene tra i 10° e i 30°C, seguendo queste distinzioni: se provengono da un clima temperato allora possono essere tenute all’esterno tutto l’anno; se sono subtropicali, allora è meglio conservarle ad una temperatura che in inverno sia compresa tra i 5° e i 10°C; infine, se appartengono al clima tropicale, allora in inverno la temperatura è meglio che non scenda al di sotto dei 15°C.

Specie epifite

Queste piante gradiscono le forti escursioni termiche, pertanto la fascia termica ideale è compresa tra un minimo di 10°C in inverno e un massimo di 30°C in estate, con le temperature medie che diminuiscono leggermente durante la stagione invernale.

Specie acquatiche

Per questa tipologia di Utricularie è necessario prestare attenzione alla loro provenienza: se arrivano da climi temperati, allora sono in grado di sopportare anche le temperature gelide invernali, mentre se appartengono a zone dal clima tropicale è necessario proteggerle mantenendole al riparo in acquari da interno.

Mantenimento

Specie terrestri

utricularia sandersonii

Utricularia sandersonii

Per quanto riguarda le innaffiature, hanno bisogno che vi sia sempre dell’acqua (piovana o demineralizzata) nel sottovaso (alcune specie prediligono un livello di acqua che arrivi a circa la metà dell’altezza del vaso, altre un livello di acqua che superi addirittura quello del terreno, mentre altre ancora prediligono, invece, un substrato leggermente più secco).

Specie epifite

Come per le altre piante carnivore, l’acqua da utilizzare per le innaffiature è quella piovana, o distillata. Un aspetto importante è non lasciare mai ristagni nel sottovaso: queste specie, infatti, hanno sì bisogno di un terreno umido, ma non eccessivamente bagnato (si può lasciare un centimetro circa di acqua nel sottovaso in estate, quando l’azione del calore fa evaporare più velocemente il liquido, ma bisogna ricordarsi di aggiungerne solamente quando tutta la precedente è evaporata). Durante l’inverno, è consigliabile innaffiare l’Utricularia (da sopra) solamente quando lo sfagno in superficie risulta secco o, tastando la torba col dito, questa non restituisce un sentore di umidità.

Attenzione, però: quanto detto vale per le specie epifite tuberose. Nel caso si trattasse di una specie epifita non tuberosa, allora lasciare un paio di centimetri di acqua nel sottovaso diventerebbe necessario, in quanto queste Utricularie amano e necessitano di abbondante acqua e umidità (per il resto, valgono le stesse condizioni ambientali e climatiche spiegate nei paragrafi precedenti).

Specie acquatiche

Queste specie non richiedono particolari accorgimenti in termini di mantenimento. Il fattore più importante a cui bisogna prestare attenzione è la formazione di alghe nell’acqua. Se, nonostante tutti gli accorgimenti presi, queste si formano ugualmente, sarà necessario cambiare qualcosa nel metodo di coltivazione: ad esempio, si può diminuire l’esposizione diretta ai raggi solari, o cambiare una parte di acqua (ad esempio, se avete utilizzato acqua piovana, potreste provare a sostituirne una parte con acqua da osmosi inversa, o viceversa).

Un consiglio è quello di preparare prima l’ambiente nel quale si andrà a posizionare l’Utricularia, poi acquistarla. Invertendo queste fasi, infatti, si rischia di perdere la pianta carnivora (l’habitat ideale impiega un po’ di tempo per stabilizzarsi). Un ulteriore accorgimento, infine, è quello di inserire nel contenitore anche alcune piante di accompagnamento apposite, rintracciabili nei migliori vivai, così da ricreare un piccolo ecosistema utile all’Utricularia.

Moltiplicazione

Specie terrestri

utricularia fiori

Fiori dell’Utricularia sandersonii

La moltiplicazione delle Utricularie terrestri è particolarmente semplice da eseguire: basta, infatti, procurarsi una porzione di radici con qualche fogliolina per dar vita a una nuova pianta carnivora.

La riproduzione può avvenire anche per seme, purché i semi raccolti siano freschi e sottoposti a condizioni di elevata umidità.

Specie epifite

Per far riprodurre queste specie è sufficiente ricavare una talea dalla pianta madre, prestando attenzione a dividerla nei punti di crescita (questa crescerà più velocemente se assieme ad essa si stacca anche qualche tubero). Dopo questa operazione, la pianta madre e la nuova piantina potrebbero soffrire, ingiallendo o addirittura perdendo le vecchie foglie. Niente panico, in poco tempo tutto tornerà alla normalità e la crescita riprenderà se il procedimento è stato eseguito nel modo corretto e non sono state danneggiate le radici.

Un altro modo per riprodurre queste specie è la semina, a patto che siano rispettate le seguenti condizioni: i semi devono essere freschi, seminati in sfagno vivo o sfagno secco reidratato e mantenuti abbondantemente umidi fino a quando la nuova pianta non è cresciuta a sufficienza.

Specie acquatiche

Queste specie producono turioni (giovani germogli) che, cadendo sul fondale, rimangono protetti dalle temperature invernali. Tuttavia, sul fondo potrebbero essere attaccati dai batteri delle sostanze in decomposizione, oppure restare impigliati nelle radici delle piante di accompagnamento: questo ne impedirebbe la riemersione durante la primavera successiva. Per evitarlo, il consiglio è quello di raccogliere questi turioni in un vasetto di vetro da coprire con una retina (mi raccomando, non un tappo) e da posizionare, poi, sul fondo del contenitore durante l’inverno. In questo modo, i turioni avranno sempre acqua pulita e saranno tenuti al riparo dagli agenti “pericolosi” presenti all’interno della vasca. Quando inizieranno a galleggiare in primavera, si potrà aprire il vasetto e lasciarli liberi di crescere.

Avversità

Essendo comuni alle piante carnivore in generale, per questa sezione si invita a consultare l’apposita scheda “Avversità delle piante carnivore”.

Come cattura gli insetti

Per catturare gli insetti, l’Utricularia utilizza sofisticate strutture a forma di fava, definite “utricolo“. Questi organi sono dotati di un’apertura (l’entrata della trappola) chiusa da una sottile membrana (porta della trappola), parzialmente unita al resto della trappola. Per quanto riguarda le specie terrestri, queste sono provviste di una struttura larga simile ad un becco al di sopra della “porta”, mentre le specie acquatiche ed epifite sono dotate di una specie di antenne, ramificate nel primo caso e non ramificate nel secondo. Tutte queste strutture servono ad impedire alla pianta di ingerire particelle inorganiche e a convogliare verso l’entrata della trappola solo prede di piccole dimensioni.

utricularia trappole

Trappole dell’Utricularia

Il meccanismo di funzionamento è uno tra i più complessi mai studiati in natura. All’interno degli utricoli vi sono alcune specie di ghiandole deputate al pompaggio dell’acqua verso l’esterno; quando l’acqua viene spinta fuori, le pareti dell’utricolo vengono risucchiate formando un sottovuoto (la trappola assume, quindi, una forma schiacciata). Quando la preda si infila tra i ricettori della trappola scambiandoli per un rifugio sicuro, scatta un meccanismo per il quale la parte flessibile della porta crea uno spiraglio nella trappola: questo fa sì che il sottovuoto creatosi in precedenza si “gonfi” immediatamente e le pareti ritornino alla loro forma normale. Durante questo processo, l’acqua esterna viene risucchiata e, con essa, anche il piccolo insetto che vi si era posato.

Tutto questo procedimento avviene in tempi velocissimi, circa due centesimi di secondo; una volta all’interno della trappola, la preda viene poi digerita grazie alla secrezione di particolari enzimi.